“Il futuro dell’automotive nell’era della transizione ecologica”. Tutti gli interventi del convegno di Roma organizzato dall’Intergruppo Parlamentare ‘Amici dei Motori’ e ‘Città dei Motori’.

18 aprile 2023 – Un’Italia che deve fare sistema; programmazione e interventi strutturali sul lungo periodo al posto di incentivi una tantum; attuazione di un vero piano automotive europeo; pianificazione strategica nazionale di una rete di infrastrutture capillare e omogenea; uso dei fondi europei per investire sulla riqualificazione degli impianti industriali e la riconversione delle professionalità dei lavoratori. Questi i principali comuni emersi, nella diversità dei ruoli e delle opinioni dei partecipanti, nel convegno “Il futuro dell’automotive nell’era della transizione ecologica” che si è tenuto oggi, martedì 18 aprile a Roma presso la sala della Società Dante Alighieri.
L’evento, organizzato dall’ Intergruppo parlamentare Amici dei Motori in collaborazione con ‘Città dei Motori’, ha visto la partecipazione dei rappresentanti di istituzioni, categorie e dei principali portatori di interesse del settore automotive che hanno avviato un confronto sul tema della transizione verso l’elettrico e lo stop ai motori endotermici nel 2035.
I lavori, aperti da Stefano Vaccari, deputato e presidente dell’Intergruppo parlamentare, che conta ad oggi 38 adesioni tra senatori e deputati di tutti i gruppi politici, hanno visto l’intervento di Luigi Zironi, presidente di Città dei Motori e sindaco di Maranello che ha ricordato come “il tema sia cruciale in molti dei nostri comuni, sede di impianti produttivi, i cui cambiamenti non saranno solo industriali ma riguarderanno il tessuto urbano, l’aspetto e la funzione delle nostre città, con ricadute sociali, ambientali e occupazionali che andranno gestite e non subite dalle nostre comunità. Urge farsi trovare pronti per questi nuovi scenari”.
Maurizio Marchesini, vicepresidente Confindustria, dopo aver sottolineato che “non è vero che è stato il mercato a imporre l’elettrico ma sono state le istituzioni europee a obbligare i costruttori a virare verso piani industriali fissati su un’unica tecnologia e di conseguenza a non investire, visti i tempi brevissimi delle scadenze fissate, in nuove ricerche” ha proseguito auspicando “un vero piano automotive, certo che le imprese italiane ce la faranno a riconvertirsi, sapendo che molte aziende lo faranno uscendo da questo mercato a causa di tecnologie più semplici e minor bisogno di forza lavoro”.
Per Adolfo De Stefani Cosentino, presidente Federauto, il rischio è che “altri continenti possano usurpare all’Europa il primato della transizione ecologica sostenibile. In Italia poi il parco macchine circolanti è in mano ai privati per il 91% con una maggioranza di Euro 1,2,3. Noi siamo contrari agli incentivi perché c’è bisogno di qualcosa di più strutturato, di più detraibilità e deducibilità per aziende e partite IVA, di fringe benefits per auto aziendali elettriche per i dipendenti obbligati a spostarsi in macchina anche in città per sistemi di trasporto urbano e servizi pubblici carenti rispetto alle grandi metropoli europee”.
D’accordo su una transizione fatta non di incentivi ma di programmazione Marco Stella, vice presidente ANFIA: “per un cambiamento epocale come quello definito dal legislatore europeo per un settore produttivo strategico e di eccellenza come quello dell’automotive e della componentistica auto, ci vuole anche una politica all’altezza che fornisca mezzi e strumenti adeguati, accompagnati da una politica industriale che preveda interventi straordinari per la trasformazione di quelle imprese non in crisi ma che hanno bisogno di assistenza per riqualificare risorse, disporre nuovo impianti produttivi e nuove tecnologie. Altrimenti rischiamo di uscire sconfitti da altri macrosistemi come quello degli Stati Uniti o della Cina”.
Leonardo Artico, responsabile industria e formazione Motus-E, ha tracciato uno scenario che “è quello di un mercato auto europeo dove cresce costantemente la quota dell’elettrico per numero e maggior autonomia dei veicoli, infrastrutture di ricarica e maggiori margini economici per i produttori. Anche in Italia oggi 1 auto su 5 è elettrica e Stellantis ha raddoppiato la produzione di un’auto come la 500E e predisposto a Melfi e Cassino piattaforme per veicoli elettrici medi. C’è necessità ora di una trasformazione dell’indotto e un aumento delle risorse per la formazione e agli amministratori per incentivare il trasporto privato e pubblico elettrico e le strutture di ricarica”.
Andrea Cardinali, direttore generale UNRAE ha sottolineato come “gli incentivi servono solo a eliminare il gap di prezzo, aumentare il potere d’acquisto e dirottare il cliente verso la scelta dell’auto elettrica. Ma da questo processo non si possono escludere le aziende che dovrebbero invece essere il traino di questo mercato. Abbiamo poi bisogno di investire i fondi europei già stanziati per infrastrutture di ricarica su tutto il territorio nazionale dove siamo 15esimi in Europa, per evitare che un turista straniero che guida un’auto elettrica scelga altre destinazioni”.
Per Rocco Palombella segretario generale UILM “si affronta il tema come reversibile quando in realtà non lo è. Ogni decisione europea dovrebbe tenere presente la struttura sociale di ogni paese, noi siamo in una condizione economica di un lavoratore che non ha i soldi per acquistare l’auto elettrica. Dobbiamo fare squadra tutti insieme, altrimenti mentre noi ci dividiamo gli altri si dividono il nostro mercato”. Secondo Stefano Boschini, coordinatore nazionale automotive FIM CISL“il governo dovrebbe tener conto della vita e dei destini delle persone immaginando la riqualificazione e la riconversione non solo del lavoratore ventenne ma anche del lavoratore 50enne con professionalità acquisite che possono essere travolte da questo cambiamento”. Samuele Lodi, segretario nazionale FIOM CGIL è deciso: “non bisogna più perdere tempo e guardare al passato. Ci vogliono ammortizzatori sociali specifici e di lunga durata per garantire la transizione e sostenere imprese con ordinativi importanti ma che non hanno risorse per pagare i fornitori”.
“Un’alleanza tra le aziende più innovative, i sindacalisti più coraggiosi e gli ambientalisti più pragmatici è infine quella richiesta da Stefano Ciafani, presidente Legambiente per generare “reazioni pronte e di lungo respiro per un periodo di trasformazioni profondissime. Noi dobbiamo scegliere se cavalcare l’onda di questo cambiamento o stare fermi e farci travolgere. L’Italia è nelle condizioni di cavalcarla ma deve essere messa nelle condizioni di farlo, lavorando subito per costruire le basi di questo nuovo mondo. La priorità è infrastrutturare il paese con colonnine di ricarica pubbliche e private, incentivare gli acquisti dell’elettrico, sostenere la riconversione dell’indotto o accompagnarlo verso altri mercati. E organizzare una filiera di approvvigionamento e una di recupero delle materie prime critiche con impianti industriali appositi”.